Capire i pianti deo nostri bambini

Capire i pianti del nostro bebé

Sono tante le mamme che sentono piangere ininterrottamente il loro bebé. Il pianto può protrarsi per ore, giorni e persino mesi senza che sia semplice capire perché il bambino strilli sia di giorno che di notte. Nei neonati, però, il pianto non è quasi mai un problema o un sintomo preoccupante, ma solo una semplice modalità di comunicazione con gli altri e il mondo esterno. Un bimbo molto piccolo, infatti, non ha dalla sua molti strumenti di comunicazione: non può parlare e quindi esprimere i propri bisogni e sentimenti. Il pianto, dunque, diventa l’unica forma di comunicazione con i genitori.

Prima di lasciarsi prendere dal panico, specie se si è genitori per la prima volta, bisogna imparare a capire i momenti della giornata in cui il bimbo inizia a piangere. Di solito, il pianto si verifica quando il piccolo ha fame o sonno, oppure quando avverte una colica oppure quando si annoia. La soluzione al pianto esiste sempre, anche quando sembra impossibile fermare quelle ininterrotte crisi di pianto notturno o diurno. Il pianto può essere certamente stressante per i genitori, ma per il bambino molto piccolo, lo ribadiamo, è l’unico modo per farsi sentire e per affermare i propri bisogni ed esigenze.

Calmare un bimbo quando ha fame è semplice: basta fornirgli la poppata nel giusto orario ed il gioco è fatto. Anche il pianto causato dal sonno può essere facilmente gestito. Basta prendere il bimbo in braccio e cantargli una ninna nanna per estinguere la crisi di pianto alle prime avvisaglie. Molti genitori si chiedono anche perché un bimbo pianga prima di addormentarsi. In realtà non è poi così strano che il piccolo strilli prima di andare a nanna. Anche il pianto che anticipa il sonno serve a comunicare qualcosa ai genitori: come, ad esempio, l’eccesso di rumori o una TV con volume troppo alto che impedisce al piccolo di addormentarsi.

Altro motivo che innesca i pianti del bebé: ambienti troppo caldi o freddi rispetto al giusto grado di temperatura. E’ risaputo che i bambini soffrono molto sia il caldo che il freddo, specie se non sono adeguatamente abbigliati. Negli ambienti troppo caldi e chiusi conviene tenere il piccolo con una semplice canotta, in modo da impedirne la sudorazione e favorirne il sonno. Quando la temperatura è troppo alta e non si vogliono accendere i climatizzatori per evitare malanni da raffreddamento, il bimbo può essere tenuto in culla solo con il pannolino.

Con queste strategie, il bambino dovrebbe piangere meno frequentemente. Un pianto difficile da placare è quello della noia. I piccoli amano infatti essere distratti con giochi e filastrocche. Se restano qualche ora nel box da soli, iniziano a strillare e a lacrimare. In questi casi, i bimbi si possono placare semplicemente prendendoli in braccio e cullandoli un po’. Purtroppo, nella maggior parte dei casi, i pianti causati dalla noia riprendono appena il bebé viene rimesso in culla, nel passeggino o nel box.

Che fare in questo caso? Diciamo subito che per questo tipo di pianto non esistono molte soluzioni se non quella di cullare o prendere il bimbo in braccio praticamente per tutto il giorno. Altrimenti bisogna abituarsi agli strilli e aspettare che passino. Abituare il bebé a essere preso in braccio appena piange può essere però controproducente, perché, in questo modo, la presa in braccio diventa l’unica strategia per calmare i pianti.

In realtà, al posto della presa in braccio, che comunque non deve mai mancare perché nei primi mesi di vita il bimbo deve sentire il contatto con la propria mamma e il proprio papà, si possono usare giochi musicali o carillon da appendere nella culla e da azionare appena il piccolo comincia a piangere. I suoni e la musica hanno l’effetto di distrarre il bambino e di placare le crisi di pianto causate dalla noia.

Un pianto troppo intenso e straziante potrebbe essere invece sintomo di colica oppure dei primi dentini. In ogni caso, il pianto del bebé va sempre attenzionato e se non si placa con le prese in braccio o altre strategie, va immediatamente comunicato al pediatra, il quale, valutata la causa del pianto e l’eventuale disturbo alla base, prescriverà un’idonea terapia.

 

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